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E’ stato stocazzo! [alpinisti 3 – 0 subbaqqui]

Aka “vietato volare”.

La settimana scorsa andavo a Savona in macchina per partecipare a una festa di Intercultura, all’altezza di Voltri ci sono i cantieri con gli omini in strada (quelli che autostrade per l’italia in una botta di inspiegabile xenofilia chiama “men at work”) e uno degli omini ci ha attraversato davanti. Attraversato, l’autostrada, e andavo a 110km/h…

Mo’, se lo stiravo, che cazzo era, una vittima dell’autostrada o del fatto che se ti metti nel posto sbagliato al momento sbagliato e con le cautele sbagliate ti poni nelle condizioni in cui se qualcosa va storto ti fai male?

Questo noioso preambolo serve a introdurre, come nel post precedente, il concetto che “vittima della montagna” non significa un cazzo di niente.

Nei 2 scorsi weekend, che io sappia ci sono stati 3 morti in montagna, tutti 2 weekend fa perche questo faceva merda su tutto l’arco alpino per cui poca gente in quota e pochi che si fanno male. Analizziamoli.

Un meranese di 33 anni e’ morto sulla cresta del coston o Hintergrat (relazione qui) che e’ un AD da quasi 2000 metri di dislivello a salire (1300 dal rifugio dove pare questi fossero) con passaggi di IV e 11 ore rifugio -> vetta -> rifugio, che detta cosi’ e’ un po’ asettico mi rendo conto, il dato importante e’ che la somma di quei numeri li’ dice che si arriva in cima abbastanza provati dalla stanchezza. La dinamica dell’incidente non e’ chiara, quelli che copincollano la velina dei ansa dicono “precipitato” ma spunta qua e la’ anche l’ipotesi malore…

Ora io non lo so quanto e’ ovvio a chi legge ma a me si: se ti metti nelle condizioni di fare 1300 metri di dislivello in 6 ore senza soluzione di continuita’ devi essere allenato, perche qualsiasi cazzata che ti piglia si ingigantisce e esiste la NON remota possibilita’ che ti pigli un colpo.

As simple as this.

Volete fare una prova? 1300 [dislivello] / 3 [altezza media di un piano in un palazzo piu’ o meno moderno] =  433.32 ovvero pigliatevi mezza giornata e fatevi quattrocentotrenta piani di scale in 6 ore. Poi aggiungete uno zaino da montagna (diciamo un 7 kg), degli scarponi ramponabili (1,5 kg) e l’attrezzatura sull’imbrago (2 kg), fatelo al buio per le prime 2 ore, bevendo e mangiando solo cose che portate nello zaino e ogni tanto aggiungete roccia verticale e ghiaccio. Ora togliete da 1/4 a 1/3 dell’ossigeno (se vi viene difficile di farlo a livello del mare dovrebbe essere simile fumare un paio di pacchi di sigarette)

Come state? Ok. Ora il contrario. In discesa. Se a uno gli piglia un colpo sara’ mica colpa dell’Ortles?!

La seconda (di nuovo una ragazza…) e’ morta sul gran pilastro delle pale di san martino, segnatamente sulla Langes Merlet che e’ una classica di III e IV LUNGHISSIMA, 650m di dislivello solo di via, 800 di sviluppo piu’ 250 di roccette e 2h 30′ di avvicinamento…

Si chiamava Marianna e in questo periodo faceva il corso per istruttori del CAI quindi verosimilmente sapeva cosa stava facendo. La via non presenta difficolta’ elevate e dalle relazioni (qui e qui) non pare un incubo da proteggere, dopodiche in 800 metri puo’ succedere qualsiasi cosa anche a un aspirante istruttore, anche l’impensabile, ovvero il distacco di un serio pezzo di costone su una via che e’ frequentata da 90 anni.

Arrampicare i big walls e’ PERICOLOSO, lo sappiamo bene e lo sa ancora meglio un aspirante istruttore del CAI. Ogni tanto suddetti big walls ce lo ricordano.

Il terzo e’ un signore di 47 anni altoatesino che si chiamava Reinhold, stava su una via di V sul catinaccio e piu’ precisamente (deduco…) sulla cima orientale di Valbona, spigolo nord-ovest, via Dulfer. Relazioni qui e qui

Pare che questo sia volato per tutta la via e che i carabiniari l’abbiano raccolto dal fondo. Come questo sia possibile mi sfugge completamente, in una via di V sulle dolomiti lunga 400 metri, i momenti in cui uno non e’ assicurato semplicemente non esistono, quindi delle 2 l’una, o una serie incredibile di cose e’ andata storta, talmente incredibile da non essere nemmeno ricostruibile, o si e’ rotto qualcosa.

O in effetti c’e’ una terza opzione: qualcuno ha fatto una sonora cazzata. Ma questo e’ altamente improbabile in una via del genere, dalla quale oggettivamente se sei nelle condizioni di poter anche solo temere che farai una cazzata talmente grossa da risultare fatale, dovresti tenerti ben lontano. E i tuoi compagni di cordata non ti dovrebbero portare.

Scusate le poche immagini ma sono preso male :(

Alpinisti 3 – Subbacqui 1

Che poi in effetti gli alpinisti sono 2 e il terzo e’ un escursionista per cui non conta. Non me ne vogliano gli escursionisti ma non conta…

Il primo morto del weekend in montagna e’ una signora austriaca di 27 anni (il marito e compagno di cordata e’ ancora in ospedale a Bolzano), la loro cordata e’ stata travolta da una slavina di ghiaccio e neve alla base della parete nord dell’Ortles che avevano attaccato prima dell’alba.

La nord dell’ortles e’ fatta cosi’, la salita di misto e’ data TD (tres difficile…), e’ di 1300 metri e in cima ci sono tratti di ghiaccio a 80°. Relazioni qui e qui. La caratteristica piu’ sinistra di questa paretona di roccia e ghiaccio e’ quella di essere un susseguirsi di imbuti. Se si stacca qualsiasi cosa da ovunque nella parete (e in un chilometro e mezzo di parete di roccia e ghiaccio, qualcosa si stacca SEMPRE), tu che sei alla base di uno dei colatoi ti pigli questo qualcosa sulla fronte quasi con certezza matematica. Questo e’ il principale motivo per cui la salita e’ considerata MOLTO pericolosa e si [dovrebbe] affronta sempre e solo a inizio stagione (non dopo maggio) facendo la parte piu’ a valle in piena notte quando puoi immaginare e un po’ sperare che il freddo tenga su’ i seracchi un po’ di piu’… A inizio luglio questa via, e ancora di piu’ la parte sotto la “gola”, e’ una roulette russa, gli alpinisti lo sanno e le cordate che lasciano il Tabaretta in piena notte con le lampade frontali a illuminare la crepacciata terminale fanno la prima parte della via di corsa per togliersi da li’ il piu’ velocemente possibile. A volte pero’, non corrono forte abbastanza.

Il secondo morto invece origina sui Cadini di Misurina sulle dolomiti orientali. Il primo di una cordata pare sia volato sul secondo tiro della via Dulfer all’omonimo campanile (relazioni qui e qui) e si sia rotto tutto dopo 30 metri di volo.

La via e’ un V max poco protetta con la lunghezza chiave proprio in quel secondo tiro in cui e’ avvenuta la tragedia, sono 50 metri con 2 chiodi e 2 clessidre. Ora, per fare 30 metri di volo da primo bisogna volare con l’ultima protezione che ha tenuto 14 metri sotto i piedi, e a me mi pare MOLTO strano che su una via di V in dolomite non ti accorgi che l’ultimo chiodo o clessidra sono 5 piani sotto di te e non metti niente? Un cordino? Un nut? Un friend? Un chiodo? Uno spit? Qualcosa cazzo…

Delle 2 l’una, o questa via e’ improteggibile e questo va segnalato meglio sulle relazioni, copiando ad esempio dalla scala dei gradi inglesi che accorpa alla valutazione della difficolta’ pura quella dell’esposizione, del rischio e della difficolta’ a proteggersi (i vari E1, E2, E19 ecc.) o da quella ammerigana che mette un commento sul rischio accanto al grado tecnico (“R” per pericoloso, “X” per potenzialmente mortale) oppure piu’ semplicemente l’arrampicatore ha saltato delle protezioni in loco o non ne ha messe di aleatorie o le ha messe male e si e’ messo “da solo” in condizione di farsi mooolto male.

Invece il subbacquo l’hanno trovato a 12 metri ancora legato alla sua boetta… Talkin’ ’bout extreme sports…..

 

Storia di 5 secondi

[secondo 0]

il moschettone fa un bel TLAC netto quando scatta dopo aver fatto passare la corda, so che si e’ sentito anche dalla base della via, so che quindi la’ sotto si sa’ che il prossimo passaggio e’ protetto e che quindi non c’e’ bisogno di chiamare corda. Butto il peso a sinistra richiamando il piede destro dall’opposizione larga contro la parete a vicino al piede sinistro in carico, via dal rinvio e raddoppio la presa di sinistra da cui ho moschettonato. E’ una diagonale a 60° da in basso a dx a in alto a sx di un paio di cm. e quindi raddoppiata tiene col peso a sinistra.

[secondo 1]

Sposto gli occhi dalla presa diagonale ancora piu’ a sinistra a cercare la tacchetta che andro’ a prendere li’, la battezzo come quella con qualche granello di magnesite sopra e la valuto a distanza accettabile per andarla a pigliare senza muovere i piedi. Prima di fare il passaggio sposto le dita della mano sinistra il piu’ in alto possibile sulla presa doppia, poi stacco la destra e di corsa la vado a riposizionare al centro della presa pero’ passando SOPRA alla corda che viene dal rinvio, senno’ poi me la trovo in mezzo ai coglioni e non sara’ bene…

[secondo 2]

Allargo la mano sinistra e raggiungo la tacchetta. Cazzo se e’ piccola, 1 cm al massimo ma in compenso molto netta e orizzontale, forse addirittura con un microbordino che fa molto comodo. Chiudo il pollice ad accavallare sopra l’indice e arcuo, e gia mi fa male… che pippa che sono. Agganciato largo su 2 mani  e con il piede sinistro buono, stacco il destro per portarlo 2 palmi piu’ su e piu’ a sinistra, leggermente incrociando per metterne la punta sul gradino inclinato da cui faro’ il prossimo movimento. Appena ci metto il peso sopra va in carico la tacchetta a sinistra e la roccia comincia a mordere i polpastrelli un po’ piu’ forte e arriva la stranota sensazione di conto alla rovescia: con questo carico, questa presa la tengo per 5 secondi, non di piu’. Dopo mi si aprira’ la mano sia dal dolore alle dita o dallo sforzo muscolare, quello che arriva prima. Questa sensazione me la immagino come se avessi due barre sugli avambracci, come quella in cima alla schermata di supermario quando nuota sott’acqua, che inesorabilmente e con regolarita’ indica il tempo che gli rimane prima di morire annegato. Comunque graziaddio questo e’ un problema che questa volta no ho, qui ci devo stare 2 secondi, forse qualcosa meno…

[secondo 3]

Appiccico il corpo alla roccia cominciando dal bacino mentre alzo il piede sinistro in alto, cazzo quanto in alto… Arrivo alla “””cengetta””” obliqua dove va messo il piede sinistro, essa comincia sottilissima e poi si allarga un filo piu’ in alto, pero’ non posso salire troppo senno’ non mi serve a niente, e devo anche stare attento a non metterci tutta la pianta, bisogna battezzare un punto e metterci il bordo interno dell’avanpiede, torcere un minimo il ginocchio verso l’interno e preoccuparsi di poterci spingere, ben piu’ che di potercisi appoggiare.

[secondo 4]

Appiccico gli occhi al bucone lassu’ imponendomi di piantarla di considerarlo fantascientificamente lontano, senno’ tanto vale che me ne stavo a casa… Ha la forma di una “W” un po’ arrotondata, io punto al segmento che va dal centro all’avvallamento in basso a destra, non troppo in alto perche non ci arrivo, non troppo in basso perche non mi terrebbe. Non posso partire secco, mi serve fare un rimbalzino perche la gamba destra e’ tutta stesa e mi ci spingo pochissimo, faccio 1 respiro profondo e soffio via, assesto un minimo sulla destra, stacco il busto e il culo e dondolo un minimo, 1, 2, 3! lancio.

[secondo 5]

Tiro con la sinistra e spingo piu’ forte possibile sulle gambe mentre sparo in alto il braccio destro il piu’ che posso, inclino le spalle per guadagnare quei centimetri di cui ho disperato bisogno per arrivare fin la’. Arrivo in cima alla parabola verticale del lancio esattamente nel momento in cui il palmo della destra schiaffeggia la serpentinite, e in quel preciso momento chiudo le dita. Il bordo e’ buono e sono in alto abbastanza che quando chiudo lo sento sulla falangina. E’ abbastanza, mi spendo di chiudere piu’ duro che riesco perche scommetto duro sul fatto che terra’. Se perdo mi scortico un po’ di pelle di 3 dita, mi riposo 10 minuti e riprovo, che sara’… La cima della parabola dura niente e quasi tutta la massa del corpo accellera a 9.8 m/s^2 dritto verso giu’, quasi perche un paio di kq li scarico sul piede sinistro e un paio sulla mano sinistra, pochissimo ma tutto fa brodo. Il bordo del buco comincia a mordere forte sulle dita spasmodicamente chiuse e morde ogni millisecondo piu’ forte, dopo le dita tutto il braccio, la spalla e tutta la schiena cominciano ad assorbire il contraccolpo e fa male perche’ e’ tutto ancora steso per arrivare un millimetro piu’ in alto e poi lo spazio per assorbire il contraccolpo non c’e’ piu’ e l’accelerazione si schianta sullo zero movimento e diventa tutta peso. Tutto il carico su un punto, tutto l’impulso rimanente in un momento. E’ il momento della verita’, se le dita si devono aprire, si apriranno adesso.

Non si aprono.

Quando finisce l’impulso la mano e’ ancora li’. E’ il momento di urlare per liberare la tensione ora, mentre rimetto in carico tutti i muscoli dalla schiena alla spalla e al braccio, accorciando la leva e riassestando la mano che tiene e i piedi piu’ in alto e in opposizione.

Stacco la sinistra e vado a raddoppiare, da qui non mi tolgono nemmeno le cannonate penso, mentre gli occhi rimbalzano meccanicamente verso il prossimo chiodo.

Ma quelli sono altri 5 secondi, ne parliamo un’altra volta…

cazzo di quarti di finale… [capriccio diagonale slight reprise]

Riproviamo ad arrotarci un po’ i denti sul calcare finalese, demotivational supremo dopo mesi di inattivita’ sulla roccia e scegliamo un multipitch gia provato e apprezzato quasi 2 anni fa’, c’ha un primo tiro ai confini del banale (dice…) un secondo un po’ delicatino e unto, un terzo ciapa_e_tira e una calata geniale di 30 metri nel vuoto dentro alla grotta dell’edera che da sola vale lo sbattimento. Ottima occasione questa tra l’altro per far provare il thrill delle doppie ai “secondi” di giornata…

Buone relazioni le trovate qui e qui per cui tenderei a non ripeterle scrivendole peggio… Limitiamoci a delle note sparse:

  • Sulla guida “””ufficiale””” del finalese, quella di Andrea Gallo di rockstore per intenderci, come al solito i tiri sono sottogradati in modo quasi insultante. Basti pensare che sulla sua relazione il primo tiro e’ un 4c e il terzo… pure.
  • La catena di sosta del secondo tiro e’ marcia. Conviene di brutto sostare sull’alberello 1 metro sopra e 2 metri a sinistra
  • La calata nella grotta dell’edera vale il 40% della via. Immaginare una ripetizione senza di essa e’ decisamente sconsigliabile.
  • Detto questo, se state andando, fermatevi a investire qualche euro in un maillon rapide grosso da mettere accanto a quello che c’e’ sui cordoni di calata; e’ piccolo e consumato… Vi tiene eh, pero’ se vi fate pigliare dallo spirito per cui le vie sono di tutti, e’ meglio.
  • Luscita dalla grotta dal cunicolo in basso e’ scomoda ma divertente. Utile ma non indispensabile una torcia per gruppo, indispensabili scarpe sensate, si scivola molto…

Le sensazioni dopo 6 mesi quasi di stop dai multipitch e dal calcare sono contraddittorie, il primo tiro ci ha menato, sia io che l’altro primo abbiamo fatto tanta fatica, anche psicologica e i chiodi sono a 2 metri di distanza l’uno dall’altro…

Il problema e’ che su quel calcare lucido li’ sembra tutto aleatorio! Sembra sempre che debba venire via da un secondo all’altro, non ti fidi di niente e ti caghi addosso. A inizio stagione e’ una sensazione orribile……

Sul secondo e sul terzo invece e’ andato tutto molto meglio ma la “forma” e’ proprio un’altra cosa.

Ricomincio da 6 (b+)

Sporco eh, sporchissimo come da tradizione… Omarellato, con 3 resting e uscita moschettonamdo con la catena in mano, ma sempre 6b+ e’ :)

L’altro ieri e’ stata tipo la prima domenica di sole da ottobre scorso o quasi, o comunque dopo un orribile autunno e un inutile inverno, quella era la sensazione. Essendo pero’ marzo, il piano e’ quello di andare piu’ vicino al mare che vicino alla montagna e essendo che sono mesi che nessuno di noi tocca la roccia, il piano prosegue approcciando una falesia umana di monotiri corti. Che cazzo volete, quando uno se la sente tiepidina non e’ che puo’ andare a fare del VI in montagna coi friend…

Per cui siamo andati a Punta Manara che e’ qui ed e’ fatta cosi’

(nb: questa foto serve soprattutto a far rodere il culo a Maryanne)

Accesso: dal casello di Sestri Levante prendere per Moneglia, e poi si sale a dx verso la frazione Ginestra, indicazioni per il B&B Villa Ginestra. Si parcheggia nell’ultimo piazzale disponibile.

Avvicinamento: Si sale una stretta scalinata tra le case fino a incrociare uno stradino di cemento. Qui a sinistra, dal giardino di una casa privata parte il sentiero (quadrato rosso pieno, dopo 400m cartello con indicazione “sentiero impegnativo senza sbocco” o equivalente) che in 30′ porta alla falesia sul mare. La prima meta’ del sentiero e’ facile e attrezzata, si snoda infati tra orti e muretti a secco, la seconda parte diventa decisamente piu’ ripida e meno mantenuta fino alla scogliera dove si trovano i settori di arrampicata.

Settori: dritto davanti al sentiero manara beach e terrazza, i settori piu’ facili (dal 4 al 7), a dx classica, placca di sestri e dado (in ordine crescente di difficolta’), a sx menhir e muro dei cugini (tutto tra il 6a e il 7b).

Note: Chiodatura a fix e spit corta e di solito intelligente, arenaria molto lavorata anche dalla salsedine per cui a inizio stagione tiene tantissimo ma morde assai… Guida di riferimento: “Di sassodi saledi sole” di Fabio Pierpaoli ed. le mani.